Il morbo di Lenin

Il morbo di Lenin

Dal direttore della Colonia di Confino di Orsogna

al Ministero degli Interni,

16 Gennaio 1933, anno XII

Caro Commissario, questa mia, per tornarle a chiedere di trovare un’altra situazione per il confinato Sante Germanico, il nostro piccolo paese protetto dalle montagne è di poche anime, brave persone, contadini e vasai che oltre il lavoro non chiedono null’altro che tranquillità.

Orsogna ha già le sue problematiche e dato le peculiarità del soggetto non ritengo sia il luogo adatto per tenere sotto osservanza la permanenza di un tale figuro. I nostri monti ospitano già altri dodici confinati e mai una volta, mai neanche il pensiero, ci è corso alla lamentela.

Piuttosto, personalmente, ho trovato le vostre decisioni come un grande atto di fiducia e un immenso onore conferitomi, ma qui, sa bene, non si tratta del solito agitatore, dell’anarchico della domenica, del baffuto letterato, o meglio forse sì, ma non solo; Sante Germanico è molto di più: è un matto! Un matto conclamato e auto conclamatosi! Nella speranza dunque che vogliate quanto prima intercedere per la risoluzione del problema, mi permetto di consigliare che per il soggetto sarebbero più adeguate strutture grandi e preparate come Lipari, Ventotene o Ustica, di cui pur non avendo mai avuto il piacere di constatare con occhi la loro funzionalità ne ho letto un gran bene.

Direttore Muzio Addario

 

 

Dal Commissario Provinciale per l’assegnazione

al Confino al direttore della Colonia di

Orsogna 30 gennaio 1933, Anno XII

Direttore, meglio sarebbe stato non leggere le sue parole, e così, per il momento farò finta che esse non siano mai state scritte. All’Italia non si chiede, si dà! Ci si dà con Volontà, Abnegazione, Onore! Quello stesso Onore che vantate nelle vostre righe; l’Onore, caro amico, non è un piatto di portata che può scegliere e poi rifiutare. La destinazione del domicilio coatto di Sante Germanico, vista la delicatezza della questione, è stata decisa personalmente da S.E. Il Capo del Governo che ha valutato tutte le possibilità con cuore magnanimo e larghe vedute. Non vorrei sapere che sia venuto a mancare a voi il senso dell’insieme, il piano generale, l’obiettivo della causa. Come ebbe a scrivere di suo pugno S.E. alla sorella del Sante: Il confino, giammai, deve esser vissuto come un atto di inimicizia personale, tra i confinati politici non vi è nessun nemico ad personam, le deportazioni comminate non sono mai arbitrarie e del resto sono sempre state utilizzate fin dal tempo dei romani, tutt’altro che punizione, l’assegnazione al confino per elementi dannosi la si deve salutare come una necessaria purga che sbarazza il Paese da perniciose e pericolose influenze. Nessuna ritorsione, dunque, nessuna vendetta, ma protezione dell’interesse Nazionale. Ed è questo che oggi vi si chiede: Interesse Nazionale! Non prosegua a lamentarsi, non fa bene alla salute e lasci stare i giornali, alle isole non si avvicina il meriggio senza che siano scoppiate due, tre insurrezioni. Il vostro confinato, come mi scrive, appare più un matto che un elemento pericoloso e quante volte avrà dato a qualche vostra conoscenza o a qualche vostro parente del mattacchione! Sono certo che troverete le soluzioni più adatte per risolvere qualsivoglia problematica, L’Italia è grande e i vostri servigi non saranno certo sottovalutati da chi di dovere.

Commissario Provinciale

Achille Guarino

 

 

Dal direttore della Colonia di Confino di Orsogna

al Commissario Provinciale per l’assegnazione al Confino,

7 febbraio 1933, anno XII

Commissario, mi sono rivolto a Voi certo della vostra collaborazione e perspicacia, ma non intendo accettare lezioni morali: Voi mi venite a parlare d’interesse Nazionale, e presumo ignorate quanto questo mi stia a cuore, proprio per questo ho chiesto di non sottovalutare la situazione, che fin dal principio è risultata poco chiara. Le questioni, anche quelle che Voi ritenete, di poca importanza andrebbero verificate di persona. Le allego il rapporto confidenziale riguardante il domiciliato Sante Germanico che già dovrebbe essere di vostra conoscenza.

P.S.: Avantieri, Sante Germanico ha eluso i controlli tutto il giorno, la sera quando si era deciso di dare l’allarme si è ripresentato in paese con due ceste colme di frutta, non di stagione, che ha offerto alla popolazione e alle guardie.

Direttore Muzio Addario

 

 

ALLEGATO 1

Al Casellario Politico Centrale (CPC)

Divisione Polizia Politica Rapporto di un confidente della PS su Sante Germanico

20 luglio 1932, Anno XI

Per opportuna conoscenza, si comunicano le seguenti informazioni fiduciarie: … si appura che sono quasi dieci anni che tale figuro crea problemi e desta interrogativi sui suoi scopi e la sua identità. Prestato servizio sul fronte italiano e quello francese, si congeda con il grado di capitano: croce di guerra, ricompense al valore e altre onorificenze varie. Vinto un concorso nel pubblico catasto urbano, vi dura ben poco, rifiuta sin da subito l’invito reiterato a presentare la scheda per l’adesione al fascismo, all’ennesima richiesta si dimette spontaneamente gridando di esser d’idee bolsceviche, idee rosse, rossissime e profumate, insiste che dal cardo bolscevico nascerà la rosa italiana. Gli si accorda un congedo per nevrastenia e una sera va a fargli visita qualche squadrista, ma lui ha già riparato, non sappiamo come, fuori dall’Italia. In Svizzera forse, poi in Unione Sovietica, dove però ottiene solo un visto turistico, ma qui le notizie si fanno spurie e confuse, sembra entri in contatto con fuoriusciti comunisti e dell’unione sovietica, si sposta di continuo, si parla di febbricitante attività politica, riunioni, cospirazioni, ma si parla anche di un uomo gigantesco, un uomo dalle mani assurdamente grandi, dalla risata possente e contagiosa e che parla correttamente il russo, ma sappiamo bene che il nostro Sante è un uomo minuto che non supera il metro e sessantacinque, e anche il più astuto dei travestimenti, sembra un’idea da scartare. Si teme il peggio, si pensa che l’uomo possa esser finito in qualche fiume gelido e che qualcuno, forse un nostro agente, abbia rubato la sua identità, ma pochi mesi dopo lo ritroviamo in Francia con le sue fattezze: Marsiglia, poi Parigi. Lo sappiamo impiegato in un circo di città con la mansione di lavare le bestie, ma veniamo a conoscenza anche dei suoi contatti con alcuni esponenti antifascisti, l’Alceste De Ambris, Sandro Pertini, Fernando De Rosa. Lo sappiamo da due agenti provocatori spediti nella capitale francese, ma è l’ultima notizia, dai due non si sa più nulla. Spariscono. S’immagina che la loro rete sia stata smontata e meditiamo nuove soluzioni: tre mesi più tardi, uno dei due agenti viene scovato nel bordello di Madame Cléophée, sospetta antifascista e spia; L’agente è in evidente stato confusionale, rivestito e portato via dal bordello a suon di schiaffi, viene interrogato sul collega e su Sante Germanico, l’agente si commuove e non fa che ripetere che “ la vie c’est une chose merveilleuse “ e ci tiene a puntualizzare poi che ‹‹la vie est un souffle!››, ricondotto in Italia dichiara di essere “Un malato di amore”. Intanto, del Sante, ancora nulla, si fa forte l’idea che tornato a Marsiglia sia riuscito a imbarcarsi per il Sud America. Ma inaspettatamente lo ritroviamo in Italia, a Roma ospite della sorella maggiore Adele, sarta, coniugata con Zanelli Carlo, tornitore. Germanico è presto tradotto nelle carceri di Regina Coeli. Detenuto modello, scrive il direttore, non crea problemi, una brava persona dalla piacevole eloquenza, di buona condotta morale e penale. In prigione non fa comunella con gli altri detenuti, scrive, soprattutto alla sorella, dice di trovarsi bene e di tanto in tanto gli invia qualche ricetta di sua invenzione, i suoi scritti sono vagliati ma non sembrano nascondere alcun messaggio in codice, tra l’altro sono rare e sempre uguali le risposte della sorella: stacci bene, ti aspettiamo presto. Il giorno della scarcerazione, il direttore ci tiene a fargli dono della sua cravatta ed è alla cronaca, a poche ore dopo l’apertura del cancello per Sante Germanico, la tentata insubordinazione dei detenuti passata alla storia come la rivolta della Regina, nella quale i reclusi, preso possesso dell’istituto, proclamarono la Repubblica della Regina; durata meno di un giorno, l’insurrezione si risolse con ventisette feriti, quattro dei quali agenti penitenziari e un’ala dell’edificio data alle fiamme. Fuori dalle patrie galere, il nostro si scopre poeta, e dà alle stampe un libercolo a sue spese, ma si immagina a spese della sorella, dal titolo: “il domatore”, vi si narra la storia di un fuggito da casa, Mascellone, che si impiega come galuppo in un circo (come lo stesso Sante fece in Francia) che vorrebbe salire sul palco come gli altri artisti, sogna di essere un domatore, ma riesce a domare solo le pecore, deluso dalla vita artistica decide di creare una comunità nell’antica Sabina, ma quando pensa di essersi sistemato a vita, per proteggere il suo gregge verrà sbranato da un branco di lupi, dalla terra dove marcisce la sua carogna nascerà poi un roseto, ricco - cito a memoria - di “rosa italiana profumatissima”. A esporre regolare denuncia è il cognato Zanelli Carlo, sempre tornitore, che pur dichiarandosi analfabeta ravvede nello scritto del parente una messa a berlina della personalità di S.E. il capo del Governo e del popolo italiano. Germanico viene dunque nuovamente fermato e dopo l’interrogatorio, il Ministero dell’Interno decide, visto il precedente allontanamento dal lavoro per nevrastenia, per un esame psichiatrico e l’internamento nel Manicomio di Ancona. Inutili le timide rimostranze della sorella Adele, sempre sarta, che scrive, in ogni dove, che sì, il fratello, forse sarà matto, ma di un matto buono, incapace di far del male a chicchessia e che la sua pazzia proviene soprattutto da quella sua mania di leggere sempre, e che, ad ogni modo, seppur pazzo, non tanto da internarlo. Ma a smentire le parole della sorella ci pensa lo stesso Sante che in accordo con il direttore e professore del Frenocomio, Elio Settembrini, pronipote del patriota italiano, si autodiagnostica di essere colto da “Soviettismo” e dal “Morbo di Lenin”. La nuova patologia grazie alla convinzione e i buoni uffici del medico che dà alle stampe due pubblicazioni scientifiche entra velocemente e di diritto nella letteratura medica. A tal proposito scrive in una sua relazione il professor Settembrini:

 

Professore Elio Settembrini, direttore del manicomio di Ancona Relazione

sul “Morbo di Lenin”e il caso Germanico

11 febbraio 1932, anno XI

Dal minuzioso esame e dal contegno serbato dal Signor Sante Germanico in questi mesi, si evince che il Morbo di Lenin, patologia ancor poco studiata, più che un’infermità mentale sia un modo diverso di affrontare il presente, una maniera differente di vedere le cose, una sorta di lente d’ingrandimento capace di trasformare in possibilità quello che altri ravvedono come un problema. Il Sante Germanico si rivela essere molto colto e di formidabile memoria. Nelle nostre passeggiate mattutine mostra grande conoscenza della natura circostante e delle sue insite celestiali leggi; il suo è un complesso ideativo, straniato ma lucido. Durante le nostre combattute partite agli scacchi ‘Italia’, nelle ore vespertine, ama narrare con toni miti le sue peregrinazioni nelle terre d’oltralpe, trattenendosi con ricchezza di particolari su osservazioni minori dalle quali si lancia per lunghe, spesso divertenti, digressioni. Abile nei giochi di carte e in quelli mnemonici intrattiene spesso gli altri pazienti, ottenendo buoni effetti su di loro, che si dimostrano più partecipi e collaborativi; tutti, a dire il vero, sono più socievoli anche con il personale e sembrano aver ritrovato un equilibrio cognitivo e sentimentale; di splendida riuscita è stato poi anche l’esperimento sociale insieme concordato, che il Signor Germanico ha voluto appellare con il nome di Auto-Governo, da tale pratica non solo ne hanno beneficiato notevolmente i pazienti, ma anche la mensa e il giardino che ora poco ha da invidiare a quelli tardo rinascimentali […]

Professore Elio Settembrini

 

A sentire il tenore delle missive che Germanico invia alla sorella, anche lui si trova molto bene come ospite nella struttura: ‹‹Si sta facendo un gran lavoro… sono fiducioso, seppur consapevole che ci vorrà molto tempo. Stiamo lavorando con il professor Settembrini per allestire parte dell’ala nord in una biblioteca. Anche lui è concorde che sia una cosa necessaria e che comunque sia preferibile ardire, che ordire››.

Lapidaria la risposta di Adele Germanico: Siamo felici! Stacci bene.

Del progetto della biblioteca non abbiamo avuto conferma, difatti poco dopo questa missiva ne viene scritta un’altra dal Professor Settembrini indirizzata alla Questura di Roma, nella quale si certifica la completa guarigione e la dimissione dall’istituto di Sante Germanico e di altri undici pazienti. Non tra le mura di un ospedale si potranno vedere gli effetti benefici di questi mesi di cura, scrive.

Insieme a questa missiva, si prende nota di un’altra sempre di pugno del professor Settembrini che avanza la candidatura del suo vice, il professor Varga, per il posto da Direttore del nosocomio di Ancona, annuncia di aver preso la inderogabile decisione di dimettersi, di aver bisogno di tempo e di cure, si dice da molto tempo ammalato ‘di troppa scienza’; più che studiare è necessario osservare, scrive, e ad osservarla da vicino questa vita è una cosa meravigliosa, ma caduca, breve. La vita è come un battito d’ali di una farfalla.

Nuovamente a piede libero Sante Germanico decide di non voler vivere sotto lo stesso tetto del suo delatore, il cognato Zanelli Carlo, tornitore, e trova ospitalità nella casa di un suo amico, Giordano Igini, tipografo, ma dopo tre giorni il Tribunale Speciale decide per il domicilio coatto.

 

 

Dal Commissario Provinciale per l’assegnazione

al Confino al direttore della Colonia di

Orsogna 12 Aprile 1933, Anno XII

Caro Direttore, onoriamo la stessa causa e ci sta a cuore la stessa sorte. Il vostro probo lavoro, come quello in tutte le colonie, è rispettato e ritenuto strategico ai nostri fini, appena riceverò tutti i permessi necessari, mi adopererò affinché persone fidate vengano a verificare la situazione, nel frattempo vi chiedo di aggiornarci frequentemente sulla situazione del Germanico e di tutti i suoi ‘ospiti’.

Commissario Provinciale

Achille Guarino

 

 

URGENTE

Dal Commissario Provinciale per l’assegnazione al Confino al direttore della Colonia di

Orsogna 16 Maggio 1933, Anno XII

Direttore, non ci sono pervenute più notizie, né una lettera, né un telegramma. Dai nostri due agenti neanche, avevamo chiesto loro rapporti settimanali. Cosa diamine sta accadendo

Direttore? Pregasi di telegrafarci appena abbia tra le mani questo mio invito.

Commissario Provinciale

Achille Guarino

 

 

Dal direttore della Colonia di Confino di Orsogna

al Commissario Provinciale per l’assegnazione al Confino,

21 maggio 1933, anno XII

Illustrissimo Commissario, non si prenda tanta pena per quel che accade qui tra i monti, Orsogna è un paese piccolo, di grandi lavoratori, si fatica ma alla sera basta un pasto caldo, un bicchiere di vino, una frutta profumata, una storia raccontata davanti al fuoco e questa fatica si trasforma in bellezza. C’è bellezza ovunque e solo l’occhio che va abituato. Per quanto riguarda gli agenti che menziona, qui non abbiamo mai ricevuto visite, un peccato sarei stato felice di fare gli ‘onori di casa ’. Approfitto di questa missiva per chiedere il suo autorevole intervento affinché il Ministero assegni un altro Direttore alla nostra Colonia; Orsogna mi rimarrà nel cuore, ma ho deciso di viaggiare, di trovare altra bellezza, per troppo tempo sono stato malato di prigionia, la vita è una cosa bellissima, ma anche breve: è un cancello che si apre e che si chiude o il fischio di un treno che rischia di lasciarti sulla banchina di una stazione, ancora non ho deciso dove andrò ma presto vorrò visitare le isole Eolie di cui ho sentito parlare un grande bene.

Muzio Addario

 

 

ALLEGATO 2

Al Casellario Politico Centrale (CPC)

Divisione Polizia Politica Rapporto finale su Sante Germanico e la Colonia di Orsogna

1 agosto 1933, Anno XII

Il Ministero dell’Interno dopo aver inviato emissari nel comune abruzzese per far luce sui casi avvenuti a Orsogna, ha deciso di dismettere la Colonia di Confino Politico, non ravvedendone più la necessità e le premesse. Tutti i dodici confinati rimasti, seppur restituiti alla libertà, hanno espresso la volontà di proseguire la loro vita nel paese, molti vi hanno trovato mestiere e altri rapporti amorosi, gli ex agitatori ora appaiono tranquilli, incapaci ad offendere e da non considerare più come un problema.

Per quanto riguarda l’ex direttore Addario, così come del Professor Settembrini, pronipote del patriota italiano, non si sa più nulla. Vana ogni loro ricerca; oramai li si crede per sempre fuori dall’Italia.

Anche il Sante Germanico, come del resto tutti si aspettavano, ha fatto perdere nuovamente le sue tracce, forse riparando ancora in Francia oppure salpando oltre l’oceano. Interrogati reiteratamente sul soggetto, gli orsognesi e gli ex confinati non ricordano mai di averlo conosciuto, negano di averlo solo mai sentito nominare, solo alcuni di loro, postagli la medesima domanda, hanno preso a fischiettare, a sorridere e a cercarsi con lo sguardo come scambiandosi segni d’intesa.

Dichiarando chiuso il caso, il Ministero, in accordo con S.E. Il Capo del Governo, ha disposto che, fino a quando non si ripresenti il problema, la soluzione più adeguata sia appunto questa, dimenticare. Credere che questa storia non sia mai avvenuta. Mai.

 

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