La Manuzio era una casa editrice per APS.
Un APS è un Autore a Proprie Spese e la Manuzio è una di quelle imprese che nei paesi anglosassoni chiamano “vanity press”. Fatturato altissimo, spese di gestione nulle. Garamond, la signora Grazia, il ragioniere detto direttore amministrativo nel bugigattolo in fondo, e Luciano, lo spedizioniere mutilato, nel vasto magazzino del seminterrato.
Ci sei cascato.
In pieno, sì.
Sto diventando sempre più bravo. E tu a quanto pare dovresti stare più attento a ciò che leggi.
Insomma, è come nei mercatini dove vendono le magliette Asicxs o Diafora: il pendolo di Foucault – quello di Umberto Eco – è diverso dal pendolo di Foscault, che è quello che stai leggendo in questo momento.
Anche qui il fatturato è, diciamo, non altissimo ma molto buono, se considero il fatto di venderti dei libri che non raccontano nulla.
Un titolo che attira, qualche giro di parole, un attimo di distrazione tra gli scaffali di qualche grande libreria o in uno sterminato catalogo digitale ed è fatta, c’è anche la spedizione gratuita: ecco guadagnato il mio stipendio mensile.
Tra i miei grandi successi non posso non citare Mister Vertygoo, o Se una notte d’autunno un viaggiatore, o ancora Lettera a un bambino quasi nato e così via, senza distinzione di genere.
L’importante è che attiri qualcuno e una volta passato alla cassa è troppo tardi, anche perché solo dopo quel momento potrai togliere il cellophane di ottima qualità che avvolge sempre i miei libri.
Che ne dici, per restare in tema, de Il nome della rossa?
La mia non è una presa in giro, le pagine ci sono, sono riempite fino alla fine. La copertina è certamente la parte che curo di più, a partire dal mio caro cellophane di cui ti ho già parlato, per finire ai gustosissimi colori, che vuoi di più? C’è tutto quello che c’è in qualsiasi libro.
Magari per sbaglio capita che alla fine qualcosa te lo racconto pure, anche se, man mano che la mia produzione aumenta, questo difetto – una specie di coinvolgimento che mi porta quasi a scriverlo davvero un libro – per fortuna è sempre meno presente nei miei testi.
Ne sforno a centinaia: non è un lavoro facile, capire i gusti della gente, modificare i titoli e scrivere migliaia di pagine che non dicono niente.
Non si può sbagliare, devi andare a colpo sicuro in questo lavoro, devi vendere – se no mi metterei a scrivere un libro vero tutto mio e farei la fame sicuramente perché come scrittore non valgo niente.
Almeno questo è quello che mi sono sempre detto per evitare di farmi venire la tentazione di mettermi a fare lo scrittore vero.
Per fortuna tu non sei un lettore vero.
Non puoi affermare il contrario. Non tanto per la distrazione nel leggere il titolo che può capitare a tutti, quanto per il fatto che se non stai leggendo un libro vero non puoi essere un lettore vero.
L’unica cosa vera è il prezzo, tra i dodici e i quindici euro.
Non è poi tanto, invece di spenderli per un panino finto al fast food li spendi per un libro finto: almeno la libreria è vera... o no? Non lo so e comunque non mi riguarda.
Ora scusa, ma devo andare a finire Moby Dickens che è un bel mattone che venderò a quindici euro – facciamo diciotto, dai.
Allora tanti saluti, e a presto (lo spero tanto), mio caro Cassaoubon…