Lei
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Lei

 

«Avanti il prossimo candidato» suonò l’altoparlante.

Nella sala d’attesa del consultorio dalle tinte rosa cipria e panna, con l’intonaco cadente, si alzò un ragazzo sulla trentina, i capelli pettinati e odoranti di cera, premette la maniglia del portellone antipanico ed entrò nella stanza dei colloqui.

Erano le tre del mattino, dalla finestra pendeva obliqua una veneziana giallognola e polverosa, con fioriture di muffa; l’acqua filtrava dall’infisso tingendo di umido rosa scuro lo spazio fino al termosifone. All’esterno l’atmosfera non era meno squallida, con solo due lampioni la cui luce tremolava e saltava a intermittenze.

Nella sala erano rimasti in cinque, degli otto selezionati, per il colloquio finale.

Lei era l’unica a non aver proferito parola, guardava gli altri candidati. Sbadigliavano, parlavano senza dare troppa confidenza, rimanevano abbastanza ligi al ruolo che volevano ottenere. Tutti erano seri, in giacca gli uomini, in tailleur le donne, col fazzoletto nel taschino, con eleganti valigette da viaggio, le scarpe basse e lucide: tutti professionali, credibili.

Tutti tranne Lei.

 

Lei venne chiamata alle quattro del mattino, nella saletta del consultorio erano rimasti in tre.

 

Lasciò che il portone antipanico si chiudesse con un sonore clang alle sue spalle. L’ambulatorio era in penombra, al centro della stanza pendeva una lampadina nuda, perpendicolare a essa c’era una sedia di metallo. Lei prese posto sulla seduta ammaccata e rigata, cercò nel buio i suoi interlocutori.

A destra c’erano sagome spigolose di mobilio e macchine accatastate alla parete, intrappolate sotto lenzuoli ingialliti. A sinistra una parete vuota, con segni evidenti di stampe, o foto, rimaste appese troppo a lungo, e tolte solo di recente, avevano lasciato contorni marcati di polvere scura. Al soffitto a cassettoni mancava qualche riquadro, gli spifferi che ne entravano confermavano quanto l’edificio fosse decadente. Di fronte a Lei, una parete bianchiccia, probabilmente in cartongesso, e un televisore dallo schermo spesso e vetusto incastonato nel mezzo. Lei tenne lo sguardo fisso su quello schermo che le rimandava il riflesso di quella pietosissima lampadina appesa.

«Ha capito subito dove guardare. Buon inizio.»

«Finora si è sbagliato solo uno, Al1… Questa è la numero…» Bill sfogliò i fascicoli.

«Hai la lista sotto gli occhi Bill2, proprio lì. Leggi un po’.»

«Lei…»

«Sembra, come dire, diversa dagli altri cinque» disse Al guardando lo specchio oscurato.

«Sei. Lei è la sesta di otto candidati» guardò l’orologio da polso. «E sono appena passate le quattro, siamo perfettamente nei tempi» sbadigliò.

Al alzò le spalle. Si sedette e riempì di caffè la sua tazza e quella di Bill.

«Nome e cognome» disse Bill premendo il tasto del microfono, la sua voce risuonò metallica nell’ex ambulatorio, adibito a saletta degli infermieri, negli orari diurni.

«Lei» rispose. Accavallò le gambe, sottili, fasciate da leggings neri. Appoggiò un gomito sul ginocchio e il mento sulla nocca. Aveva una maglia in fettuccia leggera, lunga il giusto ma troppo larga, le cadde una manica scoprendo una spalla. La tirò su, la fettuccia sembrava indurita, usurata, e l’orlo del polsino aveva parecchi fili tirati che spuntavano come paglia secca. Passò una mano sui capelli, corti, alla maschietta. In tutto ciò non aveva smesso di fissarli. I suoi occhi parevano guardarli direttamente in faccia, trapassare il vetro oscurato del finto televisore, Al lo notò subito, deglutì.

«Cognome» insistette Bill.

«Lei» si ripeté la ragazza.

«È furba. Non inventa e non ci fornisce il vero nome. Può farlo… O non era nel suo bando?»

«Sì, ce l’ha mandata la dottoressa Calvin3

«Andiamo avanti.»

«Al, è l’unica candidata della Calvin.»

Al si strofinò le mani, finalmente provava interesse per uno dei candidati. Non era facile. Non era facile fare tutto in segreto, selezionare in sordina, essere agenti nel buio, tirare le fila e muoversi come ombre, così misteriosi che, a volte, Al credeva di essere segreto anche a se stesso.

«Cosa dice il suo curriculum?»

«Lo abbiamo già letto.»

«Ripetimelo.»

«Donna, ventitré anni, orfana di padre, borsa di studio, due lauree: fisica e criminologia, dimestichezza con cinque lingue: inglese, russo, cinese, arabo, spagnolo, e la lingua madre: italiano. Fedina penale pulita. Massimo ai test di logica. Continuo?»

«Nulla in più degli altri» scosse la testa Al.

«È molto giovane. In media i candidati hanno dieci anni in più.»

«Comincia il test» fece Al.

Bill schiarì la voce, aprì il piccolo microfono d’interfono e cominciò con le domande. Matematica, logica, indovinelli, scelte a trabocchetto. Lei rispose senza esitazioni. Al sollevò le sopracciglia, sembrava una partita di ping-pong; alla decima risposta pronta Al interruppe Bill con un segno della mano, prese il microfono: «Conoscevi già le domande?»

«Alcune. Erano prevedibili…»

Bill mutò il microfono: «Segui la procedura».

Riaccese il microfono. Il botta e risposta continuò. Politica, problemi di matematica, costruzioni di retorica, tim-tam, tim-tam, Al seguì a palpebre strette, tamburellava le dita sulla tazza vuota, pensava a una domanda spiazzante da porre, qualcosa per prendere questa ragazza, questa Lei, in contropiede. Forse era stata la stessa Calvin a darle le domande, lei era una persona di cervello, intuiva i loro metodi, spesso dialogando sembrava che vedesse i disegni dei piani anche solo nominando il problema. Ecco Bill giungere all’ultima domanda, avanzava ancora del tempo, l’ultima domanda era un pro-forma, non si poteva rispondere in altri modi al problema dei binari.

«Un treno procede dritto, senza la possibilità di frenare. Sul binario sono legate cinque persone. Il treno ci passerà sopra, quella è la sua traiettoria. Hai la possibilità di deviare il treno e mandarlo su un’altra rotaia: dove però c’è una persona legata al binario. Cosa fai?» Bill mutò il microfono.

È una domanda talmente tanto stupida che Al si chiese perché i burocrati si ostinassero a farla. Persino l’AI saprebbe rispondere eticamente.

«In che stazione siamo?» rispose Lei. Al si rimise sull’attenti a quella domanda inaspettata.

Bill riaccese il microfono: «Il dato non influisce sul problema» rispose.

«Dal mio punto di vista: sì. Che stazione è?»

Bill la guardò torvo. Al prese il microfono, improvvisò: «Roma Termini». Bill mutò il microfono.

«Che giorno e a quale ora?» disse Lei.

«Non centra niente!» disse Bill. Al riaccese il microfono e rispose mantenendo un tono serio: «Domenica 4 aprile». Era curioso di sapere dove sarebbe andare a parare.

«La mia posizione?»

«Dal cartellone centrale, arrivi-partenze, della medesima stazione» disse Al.

Lei estrasse un taccuino e una matita. Scrisse qualcosa. Tracciò linee. Girò la matita e cancellò, scrisse, scarabocchiò, calcolò.

 

«Posso rispondere?» chiese Lei dopo meno di due minuti.

Bill era imbronciato. Al rispose: «Prego». Bill mutò il microfono.

«I treni quando entrano in stazione rallentano, ma possiamo supporre che questo non possa frenare, altrimenti il problema non sussisterebbe; per cui lo considero viaggiante a una velocità media di 100 km/h. In base alla mia posizione, e al presupposto dato che io abbia tempo a sufficienza per deviarlo: ho a disposizione almeno quattro minuti e mezzo. Lo lascio sul binario con le cinque persone. Col tempo a disposizione raggiungo il secondo deviatoio e premo la leva. Piazzo l’ordigno dove ho calcolato debba schiantarsi il treno. Il deragliamento verrà amplificato dall’esplosione. Stima dei passeggeri su un treno in una domenica di inizio aprile, in media, esclusa Pasqua, a Roma: 150 persone, stima delle possibili persone presenti in stazione alle medesime condizioni: 700.000 viaggiatori al mese, di domenica consideriamo quindi: 100.000, a un determinato orario arriviamo a circa 8.000. Più il personale di servizio: almeno 30 persone a un determinato orario, più i negozianti, pulizie, commessi eccetera, totale di 60 persone. Aggiungiamo i soggetti legati al binario principale e alla deviazione: 6. Totale morti: almeno il 60%, ovvero 4.929; feriti: 30%, 1.643; possibili illesi: 1.232; devianza stimata dei calcoli: 410. Se solo avessi avuto più tempo avrei potuto amplificare la portata dell’ordigno. Come arrivare quindi a un numero più alto di morti? Attendere i soccorsi, spargere il carburante, usare la perdita come espediente per amplificare la portata del danno dell’evento includendo i soccorritori. Con questo tempo, post-evento, a disposizione le vittime riuscirebbero a diventare almeno 10.000, ovvero: più di quelle che avrebbe potuto causare il solo incidente. Il tutto raggiungendo una distanza di sicurezza rispetto all’evento e rimanendo all’ombra di ogni sospetto.»

Un sorriso sornione era spuntato sulla faccia di Al. Invece, la mascella di Bill toccava il tavolo.

«È fuori da ogni grazia divina. Fuori!»

«Non ancora, Bill. Lasciami capire.» Al aprì il microfono. «Questo portando a termine quale missione o obiettivo?»

«In assenza di coordinate precise occorre concentrarsi sulla big picture. Il benessere comune più alto. Occorre la decimazione. È pura logica, nient’altro.»

Bill mutò il microfono. Era pallido. «Al, escludiamola. Subito. Può causare solo danni.»

«È l’unica candidata dalla Calvin» Al si strofinò il mento. «E si chiama Lei.»

Bill si portò una mano alla fronte: «La scala Her-Scarlett4. Her, Lei. Indice di pericolosità estremo se posto in mani sbagliate. Scala di nomenclatura dell’agente risolutore. Nulla di più distante dall’umano.»

«Vedi, la Calvin è sempre un passo avanti. Ma noi non cercavamo un risolutore. Oltre a questo, Lei sarebbe She, anche se si avvicina molto al senso… Che sia un AI?»

«Isolamento apparecchi» Bill premette il pulsante blocca-segnali. Lo aveva già spinto all’ingresso di ogni candidato. Senza segnale, connessione o Wifi l’AI non funzionava, blocco totale dei dispositivi moderni. La ragazza rimase seduta nella stessa posizione, aveva riposto il blocchetto, torturava un filo ispido della manica portandoselo alle labbra.

«Non è un androide, né un AI» rispose Bill, le mani avevano cominciato a sudargli. «Dobbiamo escluderla e, se possibile, rinchiuderla. O eliminarla. È una minaccia.»

Al fece una pernacchia con le labbra: «Ha risposto a un quesito etico in modo non canonico. Relatività del punto di vista. La voglio.»

«Ma, Al, ragiona… È contro le regole della nostra selezione odierna. Un Dalì5 del genere sarebbe pericoloso, enormemente pericoloso» Bill riprese in mano il suo elenco di caratteristiche per un Dalì standard, allargò col dito il colletto della camicia inamidata.

«Risolutivo, semmai. Un Her-Scarlett, come hai detto…» prese la sua pallina di gomma e la strinse a più riprese. «Senza altri dati la risposta più ovvia da dare è quella etica. Abbastanza scontato. Invece no, la Calvin ci manda il distruttivo inaspettato. Perché?»

«Quella tua adorata Calvin, non era tra i militari?»

«Ora insegna ai dottorandi di Criminologia e all’AI.»

«Allora ce l’abbiamo. La ragazza è un AI di nuova generazione, lavora anche off-line...»

«Pfff… Non sarebbe da Calvin una stronzata così. Sa che non potremo prenderla.»

«Ma-ma- Lei! Her. È chiaro.»

«Tzè. La Calvin non ci ha dato un AI. Non ne abbiamo bisogno…»

«Che ci ha mandato allora? Una kamikaze? È tutto sbagliato, nessuna regola, neanche una postilla è rispettata. È fuori dalla selezione, fammi premere il pulsante!»

«No. Taci, Bill. Devo pensare…» accese il microfono. «In assenza di treno. Cosa avresti fatto a Roma?»

Lei rispose: «Osservazione, tracciamento, pianificazione».

«Fino a?»

«Fino a ricevimento missione o a opportunità di salvaguardia del benessere umanitario, qualora si presentino.»

«Stermini di massa appartengono al benessere umanitario?» uscì aspro a Bill, il microfono era rimasto aperto. Al passò una mano sul tavolo, sorpassò le tazze, sembrò danzarci un momento sopra, infine appoggiò il palmo sulla spalla di Bill per calmarlo.

«L’uomo è un cancro. A volte per il suo stesso benessere occorre ricorrere a violenta chemioterapia. L’eliminazione delle cellule cancerose porterà ampi benefici ai tessuti sani rimanenti» disse Lei. La ragazza faceva dondolare un piede. Come fosse su un’altalena al parco giochi. Bill era decisamente teso, le mani strette alla scrivania, aveva il fiatone. Bevve una lunga sorsata del caffè tiepido e slavato che Al gli aveva avvicinato. Guardava il pulsante con ansia crescente, voleva premerlo, il prima possibile.

«Spiacevole. Cruda. Pragmatica. Una mente fredda e chirurgica. Ecco cosa ci ha mandato la Calvin. Non quello che pensiamo di volere. Capisci? Ci ha dato quello che, noi, non siamo capaci di fare.»

Bill sbiancò. «Quindi…»

«Ha anche spostato la sedia. Hai visto? È diversa dagli altri.»

Bill strabuzzò gli occhi, e li puntò su Al, non poteva più contare sul pulsante.

«Non possiamo rimuoverla. Dobbiamo usare altro» Bill batté le mani sulle cosce da prosciutto e risalì con la destra verso il fianco.

«Togli le mani dalla fondina» disse Al calmo. Bill sciolse il nodo della cravatta, sudava. Aveva raggiunto il calcio della pistola, ma la fondina non riusciva nemmeno a sbottonarla.

«Lei è la soluzione finale. È dei nostri. Manda a spasso gli altri candidati.»

«Al―» Bill portò le mani al collo, annaspava. Sembrava non riuscire a respirare.

«Suvvia Bill, era solo caffè.»

Bill continuò ad annaspare, sembrava affogare in rantoli raccapriccianti; fino a che divenne blu, cadde dalla sedia e rimase immobile.

Al lo trascinò da un lato, dove giacevano i corpi fulminati degli altri candidati. Era un meccanismo minuscolo, ma sedia e lampadina, connesse adeguatamente…

«Lo hai voluto tu. Sai che sono gli operativi a decidere. Ti ho visto, cominciavi già a compilare il modulo di reclamo per il tuo Al di riferimento. Lei sarà definitiva e siamo pronti a un gioco pericoloso…» premette la leva, Bill e i candidati-non-idonei scivolarono all’esterno, dove un camion dei rifiuti li stava aspettando. Come finiva ogni colloquio con i Servizi d’Ombra, nessuno doveva sapere della loro esistenza, tranne il prescelto o la prescelta e il selezionatore.

Al tornò al colloquio, non aveva ancora finito, non del tutto. Accese il microfono.

«Se avessi una settimana di preparazione prima dell’evento del treno?»

Gli occhi di Lei lo penetrarono ancora, come se il vetro si annullasse. Calcolò, scrisse, pensò, e rispose. Una catastrofe da mezzo milione di persone, «605.412» per l’esattezza, aveva detto Lei, progettata in un minuto e ventotto.

Al mutò il microfono. Aprì la finestra e prese il telefono criptato.

«Calvin?»

«Lei è dentro. Sì, Bill non ne voleva sapere. Sì, sembra essere il destino di ogni Bill che incontra un Al… Burocrati, non immaginano che le regole possano rompersi. Come? Lo sapevi? Ah, e io che pensavo di agire ancora con il libero arbitrio. Io? Prevedibile? Lei è― sì, aha, sì, intuivo che fosse per la missione: Dottor Manhattan. Non la aspettavo ora, tutto qua. Ehi, non trattarmi da idiota Calvin, non sono un Bill, sono un Al: so che sarà Lei il Dottor Manhattan!»

Mise giù il telefono.

Riaprì il microfono. «Lei, il posto è tuo. Esci e fai pulizia dei candidati scartati. Ricordati che domani questo deve essere un triste consultorio senza alcuna traccia. Nomenclatura e codici li imparerai al corso specifico.» Il burocrate non era più lì per affibbiarglielo, «Sali sul camion dei rifiuti al lato opposto della strada tra quindici minuti, guido io. Puoi chiamarmi Al. Domande?»

«Qual è il vostro scopo più alto?» chiese Lei.

«La catastrofe, gioia mia. Il benessere dell’intera umanità. E nulla unisce l’umanità più di una catastrofe comune.»

 

 

1Al: nomenclatura in scala Hemingway dell’agente d’azione appartenente ai Servizi d’Ombra*.

*Servizi d’Ombra: agenti segreti operativi appartenenti al BM-SOS; ufficialmente: Benessere Mondiale-Sopra Ogni Sovranità; ufficiosamente: Benessere Mondiale-Servizi d’Ombra Segreti.

2Bill: nomenclatura in scala Tarantino dell’agente burocrate appartenente ai Servizi d’Ombra.

3Calvin: nomenclatura in scala Asimov dell’agente intellettivo-strategico dei Servizi d’Ombra. Particolarità: noti/e per il calcolo delle probabilità eccezionalmente vicine al certo.

4Her-Scarlett: scala di nomenclatura degli agenti risolutivi dei Servizi d’Ombra. Nota: agenti naturalmente dotati di QI e conoscenze fuori dall’ordinario, solitamente potenziati in servizio da tecnologie inconsuete e auto-migliorative.

5Dalì: scala di nomenclatura per un agente mutaforme dei Servizi d’Ombra. Nota: dal caso Jarod in avanti, i Dalì, adattabili a ogni professione, lavoro, risoluzione di caso, non sono più stati rinchiusi nel Centro ma lasciati liberi e inconsapevoli di essere sempre tracciabili grazie a nano-chip inseriti nel loro fegato.

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