La (seconda) Grande Muraglia Cinese

La (seconda) Grande Muraglia Cinese

"Se vogliamo che perduri un milione di anni – disse infine l'Imperatore – quello che ci vuole è qualcuno che la difenda: perché non costruiamo una Seconda Grande Muraglia a difesa della Prima?".
Il primo pensiero del consigliere Fu Le Men fu che sarebbe tornato a casa tardi per la cena, ancora, per la quinta sera consecutiva. Il che significava – per la quinta sera consecutiva – un riso&pollo sublimato nel suo formato cementizio: pur sempre un balsamo suave in confronto alle occhiatacce che gli avrebbe scoccato sua moglie Li.
Dice, Glaciali? Al punto da far sembrare le innevate cime del Karakoram un atollo caraibico. Per la quinta sera consecutiva.

Dai pensieri di Fu Le Men (istanti successivi all'Imperiale Minchiata):
- La sola cosa in cui Cin Uang è autorità indiscussa è il superarsi ogni volta in coglioneria: come ci riesce, dono di natura? Frutto di lunghe elucubrazioni e notti insonni? Me lo immagino: “La Seconda Muraglia è un'idea inutile, ma è forse anche un'idea idiota?”
- Quanto ci metterà l'Augusto Mentecatto ad uscirsene con “Ce ne serve una Terza!, che sorvegli la Seconda, che difenda la Prima...”
- Dove dovremmo costruirla questa nuova? Certo non attaccata all'Originaria, perché si perderebbe il senso di prima e seconda, ne risulterebbe un Unico Grande Muraglione. Senza contare che il nemico finitimo di turno che assaltasse l'Impero si troverebbe davanti prima la Seconda e secondariamente la Prima: che Cin Uang voglia cambiare tattica e sostituire allo scontro armato una più astuta guerra di strategia, al corpo a corpo il test attitudinale? Portare il barbaro sul non meno letale fronte loico e mentre se ne sta lì a scervellarsi per risolvere il tranello – zacchete! piombargli alle spalle e trucidarlo?
Due obiezioni: prima) le bellicose orde unne, le ostili tribù della Mongolia, le indocili genti della Manciuria, sono note per farsi la scarpetta con la lanugine che gli ingromma l'ombelico, non per l'acume. La loro speculazione filosofica è tutta rivolta a escogitare nuovi modi di urinare senza scendere dal cavallo in corsa, c'è caso che questi neanche la conoscano la definizione di primo e secondo. Seconda) (e qui al Consigliere smottò un poco la mascella vedendo che l'Imperatore, dopo essersi slurpato un pangolino arrosto, usava lo stesso spiedo per pulirsi le orecchie) Cin Uang ricusare il massacro, il bagno di sangue? Aveva una reputazione da difendere! Non era pur sempre quel Cin Uang che non più tardi del mese prima aveva fatto giustiziare sommariamente

«Perché esistono altri modi?», il suo commento a caldo

tutti gli abitanti (+2) di uno sparuto villaggio, a causa di un meteorite?

#Piove (un meteorite) sul nostro buonumór:
Dopo aver scelto la Cina Centrale come meta del suo schianto – per caso? Per godersi i vantaggi di quel feng-sciui? – un meteorite ci si è catapultato contro con la stessa dedizione puerile&sadica che secoli dopo ritroveremo negli autoscontro di certi lunapark dell'alto marsicano. L'incontro-ravvicinato-del-terzo-tipo-PLUS avviene in località detta: Valle del Fiume Giallo, nello specifico piomba a tanto così (ma COSÌ proprio) da un villaggio di contadini, il cui nome tradotto in lingua corrente significa “Soltanto catapecchie ravvicinate”. Una variazione di poche centinaia di metri (e poche centinaia di metri per una frombola dagli angoli più remoti della galassia oh se non sono niente!) l'avrebbe raso al suolo sterminando i suoi abitanti.

(Uno dice, visto quello che sta per succedere... Non è che ci sia tutta 'sta differenza...)

Ed è subito: MIRACOLO!MIRACOLO!
Cui fanno eco – da più parti:
Pfiu! Pfiu! Pfiu!
Sia lode agli Antenati!
Cosa non ti può pfiu! questo Cielo!
Per siglare il Fausto Dì, il nome del villaggio viene cangiato in “Soltanto catapecchie ravvicinate-sì, ma con botta di postergo” e l'euforia più incontenibile dilaga tra gli abitanti, a cui non sembra vero di avere un motivo (: scampata tragedia) più valido del precedente (: sorgere del sole) per abbandonarsi alla Crapula più sauvage.
La mattina dopo è tutto un cerchione alla testa causa grappa di prugne e un duolér di pelvi&zone lombo-sacrali, con conseguente risveglio accanto ad ignoti adamitici. Nessuno ha però il tempo di ricostruire gli avvenimenti successivi al quinto gallone (né di far le debite presentazioni) perché un allarme a mezzo campana squarcia quel silenzio di deboscia. A martellare il Guai-in-vista-e-belli-grossi è tale Wang Chow. Dice, non divelto dal bagordìo? No,

Il senso di Wang Chow per il conquibus:
perché nasando per primo l'affare, veniva toccato dalla mano del Genio del Lucro, che gli ispirava la costruzione di un chioschetto poco distante dal macigno. L'idea era quella di rimanerci ficcato dentro e vendere cibarie&bévere (oltre a graziose miniature-ricordo dello scoglio alieno, pittate a mano dalla figlia) ai curiosi che stavano per riversarsi a torme. Di più, a frotte.
L'industre Wang Chow arriva sul luogo del sinistro siderale poco dopo l'alba e si accorge che mani sprezzanti, col favore della notte, hanno vergato a pennellessa frasi tra lo stolido e l'ingiurioso, tra cui: un cubitale e catartico SUCCIA!, un'immancabile TAI FEI CORTIGIANA – che se stop finite lì chiunque ci avrebbe fatto un ghigno sopra. Il problema era la terza, che non solo non faceva ridere ma gettava ombre inquietanti sulla questione: portare a casa la pellaccia.

CIN UANG INFAME.

Inequivocabile. Neanche a dire 'omonimia' dal momento che l'Imperatore, unicare anche in quello, aveva fatto seppellire vivi tutti i tredici altri Cin Uang del paese,

«Sarò il solo Cin Uang sulla faccia della terra, voi potrete esserlo sotto».

Passino le illazioni sull'allegra Tai Fei, ma non passino quelle sul diversamente tollerante Sovrano: prima di mezzogiorno un dispaccio denunziativo viene srotolato sotto il suo Augusto Naso – con quella pacatezza cantata dai bardi della nazione tutta, manco finisce di leggere che, nell'ordine: Schiuma di rabbia livello 'pitbull idrofobo il giorno di Ferragosto', Sguaina la spada e l'azzanna (risultato: gli parte un incisivo, cosa che rallenta ulteriormente la già compromessa ossigenazione al cervello), Decapita l'ambasciatore – perché ormai la giornata è irrimediabilmente rovinata, Monta a cavallo e tuona: «Vediamolo da vicino questo corpo non meglio identificato, e mi riferisco al cadavere del responsabile dopo che gli avrò messo le mani addosso!»
Parte al galoppo: ma non è l'unico diretto al villaggio. È l'unico con premeditazione omicida, certo, ma in quel momento ci sono altri due forestieri in cammino, marito e moglie, i coniugi Sze, impazienti di vedere il famigerato monolite per via di certe sue proprietà afrodisiache (toccasana per l'erezione maschile), di cui si vociferava. Avvistano le prime capanne verso 'l'ora in cui il tracotante languorino germoglia nel ventre del placido funzionario' (tra le 16:45 e le 17:25 ca.): sfiniti dalla marcia decidono di sostare al chiosco di Wang Chow e solo dopo una congrua siesta dedicarsi alla contemplazione (con benefici) della meteora.
Se solo avessero saputo che quel riposino l'avrebbero pagato ben più caro dei 7 soldi che il Chow gli estorse per due boccali d'acqua e una scodella di lychees zuccherati!

Sig. Sze: Virtù ingagliardenti? No grazie, me la tengo la mosciàgna!

Squillo di trombe, ed ecco Cin Uang fare il suo ingresso nel villaggio.
Ora. È inutile perdere tempo col pathos o imbastire un climax all'uopo perché, uno) quel “giustiziare sommariamente” di cui sopra, il finalone l'ha bruciato anzichenò; due) il buon Fu Le Men sta ancora aspettando che questa digressione cessi per riprendere l'Azione.
L'Imperatore non si perde in cerimonie, convoca tutti gli abitanti e con l'occhio del cobra che sta per saettare sull’ignaro topolino, sbraita: «Fuori il responsabile e nessuno si farà male – ad eccezione del responsabile! E uno...»

(Si fosse impuntato sull'autore di TAI FEI CORTIGIANA, oh se un sospettato c'era! Quel Mei Lang Fang, piantato dall'ingiuriata per un mandarino di Macao)

«e due... e... tre! L'avete voluto voi. Picconi!» Un piccone a testa, sono obbligati a polverizzare il meteorite «Dulcis in fundo: mattanza!»
Sig.ra Sze: È un vero peccato, o Primo tra i Primi, che noi ci si debba ritirare sul più bello, ma sa, la carneficina ci ha quel che di soporifero, e noi si è sfini-
«Dove credete di andare?»
«Alla locanda dietro l’angolo. E comunque siamo foresti, non oriundi: se c'è qualcuno che non può essere stato-»
«Ma avete letto la scritta e come un tarlo potrebbe iniziare a scavare in voi convincendovi che io sia davvero un infamone. Magari al prossimo piovasco di meteore vi salta il prillo di emulare il subdolo. Sig. Sze: Perdonate, o Divezza, faccio notare che già assistere alla caduta di un meteorite è fatto più unico che raro, due è pressoché impossi-
Sig.ra Sze: (interrompendo) Non l'anarchia, o A Prescindere Reverendissimo, bensì l'inadeguatezza del suo membro (dito indice ramponato contro il marito) ci ha condotto qui. Ha presente il collo di un'anatra morta? Ecco.
...
«Fu...? Fu?!»
Il Consigliere tornò con i piedi per terra, dopo quel secondo di troppo in cui era rimasto in silenzio a fissare il vuoto. Sei d'accordo che una sola muraglia, per quanto poderosa, sia troppo vulnerabile? Non merita qualcuno che la vigili come lei farà con noi? Se iniziassimo i lavori delle due contemporaneamente quanto tempo ci vorrebbe per vederle ultimate?»
«Arrotondando per eccesso, mi terrei sull'eternità-a-barricata, millennio più millennio meno, ovvio».
«Benone! – e presa una tavoletta d'avorio, Cin Uang incideva sopra dei segni, raggiante – Ed io ci sarò, puoi scommetterci: non serve a questo l'elisir? Avrei in programma una detartrasi per allora, ma la spostiamo di qualche lustro. Perdermi l' Augusta Inaugurazione? Giammai».
Prendere sul serio questa sua fissazione per la vita eterna, per i decotti che i peggio ciarlatani gli stavano appioppando da mesi quindi annuire, erano cose che nessuno dotato di pollice opponibile si sarebbe mai sognato di fare. L'unica cosa a cui riuscì a pensare il Consigliere, per farsi coraggio,
fu: un sicario. “Vuoi che là fuori, proprio in questo momento nessuno stia tramando alla vita del babbeo con un bel complotto omicida? E dire che l'Imperatore ci mette un impegno certosino per meritarsi quattro coltellate come si deve...”
Il problema non era tanto la Seconda Muraglia in sé, quanto piuttosto la seconda sfilza di discussioni, consigli dei Dignitari fino a notte inoltrata, l'ulteriore biasimo di sua moglie (che per ripicca si sarebbe decisa a buttarsi tra le braccia di qualche insegnante di kung-fu, in cerca di emozioni forti) che l'avrebbe preceduta. Già doveva riprendersi dalle fatiche che avevano condotto alla Prima, una trafila che aveva dato nuovi significati alla parola: calvario.
E dire che quando aveva convocato tutti i suoi Ministri per discutere l'o.d.g. 'Grande Muraglia e come edificarla', Cin Uang era stato chiaro:
«Non voglio una muraglia grande, ma una Grande Muraglia, è chiaro? Quindi non fatemi perdere tempo con progetti per Minacciose Palizzate, Immani Recinti o Temibili Separè, nossignore! Ci voglio un drago di pietra a difesa del mio Impero! Tra un milione di anni un attacchino se la deve ritrovare ancora davanti al grugno per poterci affiggere sopra i manifesti d'auguri per il mio milionesimo compleanno, chiaro? È vero, di base stiamo parlando solo di mura fortificate con fortini a intervalli regolari e merli per la difesa, a voi il compito di far diventare tutto questo la mia Grande Muraglia!»
Kuan Cheng propose di rivestire la facciata esterna con fogli di carta-di-riso da parati, per conferire quel tocco di raffinatezza che ci si aspetta dal Celeste Impero delle origini;
Liang Khai di tracciare il perimetro dell'Insigne Murata in modo che, visto dalla Luna, risultasse una scritta di senso compiuto (tra le ipotesi: Xianyang Regna);
proprio perché tutti si aspettavano la pietra sempiterna, Meng Hao-Jan suggerì, in controtendenza, di usare la porcellana, una delicata muraglia in porcellana anche per rilanciare l'artigianato locale, decorata magari con scene convenzionali e/o pedestri. «L'unno, persona diffidente, trovandosela davanti penserebbe subito a un trabocchetto: “Non saranno stati tanto fessi da affidare la loro vita a un vaso, è per certo una trappola... E via che ti fa dietrofront al grido di Studiamocela meglio questa cosa dell'espugnare”...» (Dopo l'udienza privata con l'Augustone, di Meng Hao-Jan non si hanno più notizie, n.d.A.);
Li Yang se ne uscì con la proposta di un effetto-sorpresa mediante muraglia mobile: soldati nascosti dentro finti macigni, sulla falsariga di quel cavallo di cui si vociferava dalle parti del Bosforo. «Anche per svecchiare l'idea un po' manichea di arte della guerra, sarà la fortificazione ad attaccare il nemico...»

Sorbirsi per la seconda volta tutto questo patema? Mai e poi mai, Cin Uang andava fermato.
«Avete ricevuto i bisettimanali dispacci delle sentinelle nel deserto di Ordos, o Mai Abbastanza Adulato?» Cin Uang rimase a fissarlo immobile, come di camaleonte mimetizzato in una texture color: vuoto pneumatico.
«Pare che le bellicose genti di quelle lande non siano più tanto bellicose ultimamente, non abbiano più voglia di lanciarsi in estenuanti campagne militari, da quando hanno scoperto i piaceri del mah jong...»
«Precisamente intendi dire cosa?»
«Che il nemico batte la fiacca, o Fulgido Successore Di Sé Medesimo, e noi potremmo approfittarne per inaugurare un periodo di pace e prosperità, rilanciare l'Impero con grandi opere pubbliche. La Grande Muraglia non si discute, ma l'altra... chiediamoci, serve per davvero?»
Un riflesso incondizionato portò Cin Uang ad un gesto sconnesso per cercare di afferrare il primo oggetto contundente a portata di mano,

(nello specifico: candeliere in alabastro, altezza 47 cm, lo stesso che nel 2002 farà la sua comparsa a pag. 15 del catalogo #23 di Stilnowitz's, base d'asta 12.500 £, oggi nella collezione privata di Fitzpatrick Damasceno, Toronto)

quindi accanirsi sulle gengive del Consigliere – che si affrettò ad aggiungere:
«La risposta è ovviamente sì, ci serve eccome. Il nemico è più subdolo della scolopendra nella stagione degli amori e la bisboccia è solo apparente. Anzi, se volete un consiglio partiamo da quella, così quando l'Originaria sarà ultimata, si troverà già bell'e pronta la difesa, a sorvegliarla come la nerboruta balia col pargolo appena spregnato».
I due rimasero a fissarsi, i loro nasi non distavano più di una spanna: Fu ostentò un sorriso candido, mentre deglutiva qualcosa che gli parve grande quanto un kiwi; l'Imperatore invece abbassò la destra armata di candeliere e, fatto un bel respirone, iniziò a scolorirsi quel vinaccia che gli era comparso in volto. Qualcuno bussò alla porta:
«Chi osa?»
«Il biberone, o Sommità: è l'Augusta Ora dell'elixir» e la testa dell'Imperiale Intrugliatore fece capolino nella stanza.
Se c'era una cosa che lo metteva di buon umore era il momento della tisanina pro vita eterna, rinfanciulliva di colpo al pensiero di quel nuovo passo verso la Perpetuità.
«Devo complimentarmi, Mastro Bibitaro, l'aggiunta di mercurio liquido ha giovato alla ricetta, ha levato l'acre del rabarbaro e adesso si sorbetta che è un piacere. Anzi, un poco di più ancora e crepi l'avarizia!»
«Come desiderate, o Condannato Alla Gloria Sempiterna. Aggiungiamo anche quel q.b. in più di elleboro?»
«Provaci e il prossimo ingrediente a cadere nell'alambicco sarà il tuo naso. Solo più mercurio, corroborante, salutare! Ci pensi mio buon Fu? La vita eterna! Come tutto questo, ma per sempre!
Fu...?!»
«Maestà?»
«Sei distratto stasera, forse qualche Genio maligno turba i tuoi pensieri?»
«Meditavo su questa nuova barricata. L'idea è portentosa e la suggerisce direttamente il Cielo-»
«Sento il fetore di un ma nell'aria o sbaglio?»
«Di un tuttavia: mi sarei permesso di fare due calcoli sul prezzo che pagheremmo-»
«Non ci devi pensare, imporremo nuove tasse!»
«-in termini di vite umane, o Vieppiù Augusto. Quelle degli schiavi. I lavori si protrarranno per molto tempo, saranno ai limiti dell'umanamente sopportabile: gli uomini moriranno a migliaia tra patimenti e sofferenze-»
«Lo dici come se fosse una cosa negativa. Tuttavia ti faccio notare che commetti un madornale errore di calcolo, mio buon Fu, perché consideri gli schiavi 'esseri' meritevoli di considerazione, come me e... me. Sono insetti, gli schiavi, sono formiche e le formiche clapclap se si tratta di sgobbare benebravebis! ma tolti i lavori forzati hai solo un esserino molesto che se ti cammina sul braccio ti noia e devi schiacciarlo!»
«Ed è quello che succederà, schiavi schiacciati, e a bizzeffe. Proprio per questo, per uno che schiatta ci servirà il rimpiazzo».
«Allora è la volta buona che dichiariamo guerra all’Occidente! Ci spingeremo ad ovest fino al Grande Mare e ridurremo in schiavitù uomini e donne e bambini, li porteremo quivi in ceppi obbligandoli a lavorare alla Grande Opera!»
«Faccio rispettosamente notare che innalziamo il Muraglione proprio perché tutti i popoli liberi della terra non li abbiamo ancora soggiogati, se il Dominio sulle Terre Note fosse tutto vostro, da chi ci dovremmo difendere, a che pro il parietale?»
(Pausa)
«Si direbbe un cul-de-sac» sentenziò Cin Uang.
«Gli schiavi preventivati per la Prima li abbiamo, è questa nuova che mi preoccupa. Non vorrei che per portarla a termine si debbano immolare i vostri sudditi: tutto questo bailamme per ritrovarsi imperatore di quattro panda perché non è rimasto più nessuno?»
Un'ombra appesantì il cipiglio di Cin, come le ceste di bok choy sul dorso del mulo del vecchio Po Chu-I nel giorno di mercato.
«A volte penso che il Cielo abbia voluto maledirmi e condannarmi al castigo di un mondo finito e mediocre, lo sai? Io! Capace solo di concepire opere sempiterne e azioni di sconfinata gloria! Voglio solo fondare un Regno Millenario e vivere in eterno, chiedo troppo? Come vi invidio, voi miseri mortali di questa terra, rivolti solo alle cose provvisorie e deperibili: una scodella di riso, un modesto impiego come arrotino – come orciaio i più ambiziosi – e siete felici. Che mondo mi lascerò tra mille anni? Mi sento così eunuco dentro...»
«Suvvia non fate così, o Primo Imperatore Che Lo Sarebbe Anche Se Non Lo Fosse...»
«La cosa che mi ferisce di più è vedere che qualcuno si rifiuta di sacrificare la propria vita per me, ma lo sanno la fatica che ho fatto per soggiogarli? Cosa vogliono un 'pardon'? Un gadget omaggio? Il loro nome inciso sulla pie-»
e un Cin Uang come pietrificato, rimaneva a fissare il vuoto con un bagliore sinistro negli occhi.
“Un'Augusta Paresi? – pensò tra sé Fu Le Men – Cielo misericordioso, vuoi vedere che più del sicario efferato potè la sincope?”
«Fu... non il loro nome sulle pietre, ma direttamente loro come pietre: schiavi come laterizi! Ridurremmo gli sprechi, risparmieremmo sulla materia prima!»
«Tipo piramide umana? Ognuno sulle spalle di qualcuno con le mani libere per scoccare frecce?»
«No, più tipo... carcasse! Una parete di carogne. Crepano? Ebbene ci fanno un favore, via per direttissima a comporre la Seconda Difesa. Plaudo i tuoi cavilli, Fu, non ci sarei mai arrivato senza: ti devo parte della mia efferatezza.»
«Siete invero molto generoso, Maestà, ma temo di dover ridimensionare il vostro entusiasmo.»
(Cin tra il deluso e l'avvilito) «Fu... si direbbe proprio che tu oggi ti sia stancato di vivere...»
«Non la volete erta nei secoli dei secoli?»
«Minimo».
«Dunque il requisito principe è la Solidità, a dir la Robustitudo: dovrà resistere ad assedi, arieti, cozzi...»
«Non avrei saputo dirlo meglio».
«La mummia, per quanto economica e polifunzionale, poco si presta alle Perennerìe, deperisce, non ci arriva al vostro milione di anni: quand'anche cementata più di uno/due assalti non li regge mica. Vogliamo una difesa che sia friabile?»
Dalla bocca dell'Imperatore fuoriuscì un suono come di tapiro che stesse per soffocare causa boccone di traverso: era il suo modo per ammettere – giammai che avesse torto, quanto piuttosto che un barlume di ragionevolezza nelle parole del Consigliere c'era (dopotutto il Le Men mica per altro era prezzolato).
«E allora torniamo alle origini, al Grande Classico! L'esercito. Ma lo schieriamo davanti e non dietro».
«Benedette siano le vostre Auguste Meningi, che oggi, iperattive, ci donano una messe preziosa di ritrovati... Se però fossi una persona insidiosa e a tratti urticante – e le garantisco che sono epiteti che non mi affibierebbe il peggiore dei miei nemici – le direi: e nel malaugurato caso che il nemico lo annienti? Una volta scavallato il Muro chi gli impedirà di raggiungere la Capitale?»
«Adesso basta Fu, mi hai seccato! Sono stanco della tua negatività: sei appena stato declassato da Imperiale Consigliere a Imperiale Uno Che Può Dire La Sua! Io non ce la lascio la mia Grande Muraglia senza nessuno che la protegga: non possiamo permetterci una seconda difesa? Non posso sacrificare schiavi o eserciti? Allora trovami qualcosa di altrettanto efficace! La voglio lì tra un milione di anni è chiaro? Voglio poterla rimirare con accanto il tris-nipote del tris-nipote del tris-nipote e via dicendo del mio tris-nipote e dirgli: Tutto questo un giorno continuerà ad essere mio, perché è indistruttibile ed io immortale! Ecco cosa ci voglio, un milione di uomini che la proteggono per un milione di anni, vedi di trovarmeli!»
«Vi renderete conto, spero, che quello che chiedete è irrazionale, mica di questo mondo! S-solo voi – e dovette sforzarsi non poco per evitare di ridergli in faccia – siete Perenne, non così l'uomo comune, con quel suo viziaccio di tirare le cuoia. Tra una cinquantina d'anni il problema si ripropone...»
«...»
«...?»
«Non è di questo mondo... !... E allora non lo sia neanche la soluzione... che venga dall'altro».
«Perché la palpebra inizia a farmi strani tic?»
«Spettri, Fu. Ne sta parlando anche quel panzone che fa proseliti giù al Sud. Se avesse ragione lui?»
«State per spiegarvi meglio, giusto?»
«Trasmigrazione delle anime. Sorveglianza ectoplasmatica. Arruoliamo gli spiriti di un milione di uomini, li armiamo di tutto punto – previa sottoscrizione di un contratto: si impegneranno a vigilare anche post trapasso. Gli piglia lo spaghetto, al barbaro: ho brividi io solo a pensarci»
Questa volta fu il Consigliere a guardarsi attorno alla ricerca di un oggetto contundente per accanirsi sulla nuca del Sovrano.
«Intendete affidare la vostra incolumità a dei fantasmi? Apparizioni che spaventino bubusettete! le orde mongole? Potrebbe funzionare, oh sì, se l'età media del mongolo pugnace è sei anni potrebbe proprio funzionare... Spauracchio per spauracchio allora perché non costruire dei pupazzi in terracotta con la faccia cattiva e li mettiamo davanti alla Muraglia? Se attaccano di notte è schioppone assicurato...»
«Ma li vedi più a grandezza naturale, o simbolici, tipo nani da giardino?»
«Pietà o Cielo, era sarcasmo! Maestà ragiona-»
«No! Ormai ho deciso, voglio il mio milione di Schiattati, di Incaduchi, e lo voglio subito! Trucidati direttamente nelle fondamenta – senti come suona bene! – vigilantes immateriali: è la svolta, trasparenti e senza metabolismo, sai cosa significa? Che non avranno da questionare sul rancio!»
«Che questo implichi un milione di uomini in meno, uomini che – badate – pagano le tasse, e/o due milioni in meno di braccia levate all'agricoltura, immagino l'abbiate già preso in considerazione... Maestà, il vostro stile di vita non si mantiene da solo, ve ne pentirete, sono calci alla fortuna che si pa-»

È a questo punto che un Genio, benigno certo ma anche e soprattutto seccato da quel trambusto a tarda notte, decide di intervenire in soccorso di Fu Le Men e troncare l'Azione, sì da poter tornare ad aleggiare in santa pace. Come lo fa? Andandolo a folgorare sulla Via dell'Apoftegma e ispirandogli la Soluzione.
Fortuna, calci alla.
A tornargli in mente fu Lao Fon & la sua triste storia... ed ecco il Grande Piano sorgere spontaneo, come il vago fior di loto sullo specchio dell'armonioso stagno un martedì verso la tarda mattina.

Il Grande Piano:
Spargimento di sangue? Celo.
Sorveglianza eterna? Celo.
Un milione di uomini? Manca, ma ci sarà al momento opportuno.
Soprattutto: niente più Imperiali Scassate-di-scroto? CELO!

«Fu...? È l'imitazione di un cammello bactriano imbalsamato, o solo un colpo apoplettico?»
«Ho trovato, o Augusterrimo... la soluzione! Ce l'abbiamo! Ve lo ricordate Lao Fon?»

Lao Fon & la sua triste storia:
«L'idiota?»
«Poscia. Dapprima solo appassionato di combattimenti clandestini. Un certo giorno, che di fausto aveva poco o una cippa, perse tutti i suoi averi per aver puntato sul gallo sbagliato: di conseguenza il Senno. Da quel momento fu allontanato a forza dal consesso dei Ragguardevoli ed evitato da praticamente tutti. L'unica creatura che non schifasse la sua presenza era una cagnetta, un'esemplare di chongqing – dicono particolarmente vigorosa. Che la pia madre di Lao non avesse nessuna intenzione di schiodarsi dal Remengo in cui s'era trincerata, fu chiaro a tutti quando ribattezzò l'animale “Fortuna”, primo passo di un piano ben preciso che si stagliava nella sua mente di sciroccato: convocare il villaggio, prendere pubblicamente a calci la pòra bestia ed avere così la soddisfazione – gioie del contrappasso – di gridare a tutti: «Ho preso a calci la Fortuna, è vero, ma dessa torna da me scodinzolando!»
(Al Lettore che si stesse chiedendo “E il fece?” risponderemo che NO, non ebbe neanche il tempo di fare perno sulla sinistra, che la prode cagnetta, fiutando la minaccia, gli saltava alla giugulare, facendogli provare l'ebrezza di un passaggio di stato: da essere umano a cibo per cani).

«Stai dicendo di usare i cani? Da guardia – mastino molosso, limiere, dogo? Un anno nostro sono sette dei loro, fa una bada di sette milioni di anni.»
«Sto dicendo 'ambiguità semantica', double face del lemma: non già un milione di uomini, bensì milione-di-uomini. Il Sig. Milione-di-uomini».
Come se avesse ricevuto su parti molli la beccata di una gru che quel giorno si fosse alzata col piede sbagliato, l'Imperatore sgranò gli occhi, fulminato.
Fu Le Men aveva colpito nel segno.
«Ecco cosa faremo. Troviamo un uomo il cui nome, tradotto dagli ideogrammi, suoni come “Mille volte mille uomini”. Lo secchiamo, lo interriamo nelle fondamenta e sbandieriamo ai quattro venti che c'è lo spirito di Un-milione-di-uomini che sta sorvegliando – strizza dell'inimico! – e provassero a smentirci».
«Posso occuparmi io personalmente dell'accoppaggio?»
«Ve lo inchiodo contro il muro, perché non vi sguilli via».

G A R A G U L P!

«Presto Fu, non c’è un minuto da perdere! Dirama subito un dispaccio, che raggiunga l'angolo più remoto dell'Impero, scrivi!
(Detta, invasato) AAA Soggetto cui nome tradùcasi Milione di uomini – e ci puoi giurare che li conteremo uno per uno – convocasi con urgenza massima a Palazzo. Garantita gloria.»
«Eterna. E con le maiuscole.»
«Gloria Eterna. STOP. Perchè dici che non conosciamo nessuno già da ora?»
«Provo a fare mente locale ma... A scuola con me c'era Pigia-pigia-di-individui...»
«Nah, sa troppo di mammoletta, di uno che mi si impressiona al primo sbudellamento, che gli trema la mano.»
«Avevamo un palafreniere, tempo fa, Codazzo-di-persone, ricordate?»
«Dietro a chi? Nah, abbisognerebbe sempre di qualcuno che gli dica cosa fare. A noi serve risoluto!»
«Mia moglie ha tra gli amici Quattro-gatti e Andirivieni-di-gente...»
«Troppo vago, Fu! L'eternità non la raggiungi col pressapochismo. Pazienza, aspetteremo l'esito del dispaccio, ma non prima di aver brindato con un altro giro di elisir... <Bibitarooo!> Per te c'è dell'acqua, se vuoi... Intanto, mio buon Fu, com'era la cosa dell'esercito di soldatini incazzosi, in terracotta? (Prendendolo sottobraccio e avviandosi all'uscita...) L'idea non è mica male, la possiamo riciclare...»

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