Marlboro
Scatto di Dalila Guergache

Marlboro

Ha un fascino maledetto. No, è troppo scontato. Sembra essere a conoscenza di segreti inconfessabili, solo suoi, ecco. Li tiene nascosti dietro ai denti, in gola; se gli infilassi le dita in bocca sento che potrei strapparglieli via. E ancora, più nel profondo, ha come una specie luce che balugina. Un faro in tempesta nella tempesta. Sembra essere messo a parte di verità massoniche, quando si accende una sigaretta.
Eppure, eppure è più piccolo di me, dovrei tenerlo in pugno. Ma quando, dopo la prima boccata, mi fissa tra l’imbarazzato e l’entusiasta, cosciente di avere conquistato una ragazza molto più grande, io, solo a osservarlo, mi bagno.
Ha vent’anni appena. Io trentaquattro. È hollywoodiano. Curato ma semplice nello stile. Ha di certo una strategia nel vestire e nell’atteggiarsi, però, è come invisibile. Io posso dire di essere bella, molto bella, se consideriamo anche il fascino. I miei ricci creano confusione, il mio culo attira. E poi sono libera, realizzata – almeno agli occhi degli altri.
Dopo aver acceso la sigaretta, torna a comportarsi come nulla fosse. Parla, parla sempre. Ride, ride sempre. Mi dà ai nervi. Mi mastica gli organi. Scompone e ricompone le cicatrici che porto dentro. Ne fa un caleidoscopio di speranza che so già essere lettera morta. Sperma, non canto.

Ecco perché gli dico di continuo, in questo striminzito eterno: senti, quando stai con me, non devi ridere. Non mi piaci, mi fai schifo se ridi.
Lui rimane appena interdetto, ma poi se ne ritorna sulla Hollywood Boulevard con la sua cazzo di Marlboro tra i denti.

Foto Dalila Guergache Marlboro

Scatto di Dalila Guergache

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