«Non vi sbagliate sulle persone che
si buttano dalle finestre in fiamme»
Infinite Jest, David Foster Wallace
ERA impossibile stabilire se fosse giorno o notte; le nuvole prendEVAno colore dall'orlo del cielo, un cielo timbrato dalla tonda insolenza lunare. Harold sgusciò ltre la porta aperta e restò lì un momento ad annusare il sentore familiare, di caldo, di chiuso, di stantio, PRIMA DI vagaRE, come fosse sott'acqua, corridoio dopo corridoio, agitazione che sgorgaVA dentro e fuori da recessi e feritoie, vorticando attorno ai contrafforti.
Nell'ospedale sottomarino tutto irrequietezza.
Harold osservò la pozza di benzina lucente, cavò una bustina di fiammiferi dal taschino della camicia e li guardò, affascinato ed eccitato e con un pizzico di senso di colpa. Sto in piedi su una bomba, pensò. Chiuse gli occhi, tremando di paura e di piacere. Merdoso piromane! Si sentì forte il rumore del fiammifero che si accendeva. Sembra una cosa rudimentale e improvvisata, così la necessità di distruggere qualcosa di buono, oppure, ecco - come avete detto? - di bruciare; ci sono persino i bambini di dodici anni che hanno molta voglia di incendiare qualcosa e lo fanno. È una specie di malattia.
«Fuoco alle polveri!» urlò Harold. Comiciò a ridere, con quella voce acuta e in falsetto che aveva lui. La risata si trasformò in una serie di singhiozzi mentre saliva lentamente le scale. Avevo contato i gradini mille volte, sia nel salire che nel discendere. Su per la scala, su su, sempre pi su. Un'altra porta si chiuse, e un'altra, e un'altra, piano nella sua testa. In cima alle scale, Harold ondeggiò in modo così allarmante che per un momento credette che sarebbe ruzzolato gi fino in fondo. Avevo una tarantola di inquietudini in corpo, ma era troppo tardi per tornare indietro. Quel solo pensiero MI faceva sentire paradossalmente e deliziosamente liberO, come se un'idea mi mettesse in moto mani e piedi. Quando succedeva sapevo che dovevo andare avanti. Mi si infuocava la faccia e mi sentivo tipo: Dai dai dai; avevo il cuore talmente su di giri che per poco non mi sbatteva nel corridoio.
Nella stupenda falegnameria insonorizzata al piano di sotto INTANTO il FUOCO scintillava su legno, legno, legno e ancora legno; c'erano strisce rosse. Harold corse su nella Stanza n. 3. Senza pensare a quello che stavo facendo, scavalcai all'istante il davanzale della finestra protendendomi nell'aria elastica e, non provando altro che la vaga sensazione di essere a piedi nudi (anche se avevo le scarpe), con lentezza, in modo del tutto naturale, avanzai. All'improvviso, però, un silenzio strano, assordante mi portò fuori da quel sogno a occhi aperti e vidi sotto di me, come pallide margherite, le facce volte all'insù: osservavano l'Uomo a pendolo - nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano «No» e «Aspetta» riesce a capire il salto.
Ora Harold, dal suo punto di vista così in alto, riUSCIVA a osservare intere zone; I SUOI occhi di lince nel localizzare gli altri, che individuaVA infallibilmente nella palude umana, vedeVANO com'era fatto il mondo: un'unica immensa sepoltura salata.
Quanto sono sciocchi gli uomini, pensÒ dimenticando il proprio sdegno: un salto, e sarebbero salvi. ADESSO il calore delle fiamme sferza i loro volti e quando i getti d'acqua dei pompieri raggiungono il fuoco le vampate gialle strinano anche i loro occhi.
L'arrugginita scala antincendio del palazzo sarebbe venuta giù, si sarebbe staccata dagli ormeggi e sarebbe piombata nella strada, se qualcuno vi avesse messo un piede sopra: una scala di sicurezza la cui funzione non consisteva nel salvare delle vite in caso di incendio, ma nello stare lì appesa, inutilmente, a testimoniare l'immensa solitudine nella vita degli esseri umani. Sulla scala il tuo peso reale.
Harold alle sue spalle avvertIVA l'interno cavernoso dell'edificio, le sue marce pavimentazioni misurate in acri, le tegole che si sfaldaVAno sulla parte inferiore dei maestosi soffitti. SentIVA odore di bruciato. RimaSE sull'orlo del salto contando Uno... due... tre; divampava e ardeva come l'ncendio. Avevo trascritto il grafico della discesa di più di un suicida eterno, ne avevo svolto la linea sinuosa con fredda competenza, perché, se precipito in un abisso, a capofitto, con la testa in giù e i piedi in su. Bisogna scegliere tra il fuoco e la caduta. L'adoratore del fuoco ha più carattere, l'altro più cuore. Tutt'e due sono giustificabili, tutt'e due compiono il loro dovere fino all'ultimo.
Avanti, tuffati!, esclamò Harold, ansimando affannosamente.
Saltò a braccia e gambe divaricate, per dimostrarE che stava bene. Immerso fino al collo, tra mille fiori picchiettati, Harold cominciò ad andare a fondo; i suoi occhi acquosi si fissaROno su un fondale, un paesaggio lontano di colline dominate dall'azzurro, là, nel profondo del marterreno; si accorSe di stare affondando in un soffice appezzamento di terra fertile, di sprofondare come chi ha sognato di camminare sull'acqua solo per essere colto da un dubbio improvviso: ma è mai possibile? Io fluttuo, io galleggio, io faccio il giro della morte, eppure mi sento a mio agio come se fossi seduto su una cassapanca ad attizzare un bel fuocherello. In breve: il beato stato dell'annegato.
Quando si riebbe era disteso sulla schiena su una spiaggia di sabbia ghiacciata, e pioveva da un cielo basso, e la marea era molto lontana. Avevo quasi dimenticato questo grande mondo sopra di noi. Tutto intorno a lui alitava di una vita delicata, sonnolenta, ma in realtà straordinariamente forte, ardente e autonoma: le sue vene, più azzurre dell'azzurro, pulsavano; la saliva limpida, come cristallo, gli inumidiva le labbra; fremeva la pelle sulle guance e sulla fronte che era orlata da un alone di luce, ED ebbe la certezza che assassinO e cadavere erano tutt'uno.
Se avessi l'uso del corpo mi butterei dalla finestra.
Federica Patera
[Per i corsivi, omaggio a Ombrello, Will Self. Edizione italiana Isbn 2013]
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