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La Maddalena, o degli invisibili - Gianluca Cataldo

«Le isole nascondono spesso grande miseria, ma non tutte volontaria e ignobile». Aggiungiamo noi che la verità che le riguarda non sempre è degna di questo nome, e che a volte si fanno bastare la verosimiglianza; altre, addirittura, la bugia. Così, se l'iguanuccia di Anna Maria Ortese, tanto cara a Daddo, conservava pietre che scambiava per preziosi da seppellire, noi collezioniamo isole, che sono pietre grosse, a volte misere a volte no, ma mai noiose.

Coordinate odierne: 41°13′13″N 9°23′21″E. La Maddalena.


Per Lefebvre è un uomo «ancora magro a trent'anni», come se a trent'anni, per gli uomini, sia d'obbligo un ingrasso forzoso. Lo descrive magro, però abbastanza muscoloso, e di gambe corte. Il che ci autorizza a pensarlo come un omino scattante che deve gran parte della sua presunta forza, più che alla stazza, a un temperamento sanguigno fino alla temerarietà. Segue, nella descrizione che ne fa Lefebvre, un elenco di caratteristiche sorprendenti: narcolessia a comando, pianti improvvisi dovuti allo stress, disuria da freddo, nervi prodigiosi; e un'ambizione indistinguibile dai tratti genetici, così connaturata alla sua indole da portarci a concludere che, più che un banale complemento di specificazione, l'aggettivo “napoleonico” descriva piuttosto un carattere – tautologicamente quello di chi ne porta il nome e, successivamente, quello di uomini simili. A ciò aggiungiamo, per completezza, che, come quelli che si credono Napoleone, anche Napoleone imitava il linguaggio e le maniere dei grandi del passato, quelli cui si credeva più affine, che non erano certo Virgilio o Aristotele, ma Augusto, Alessandro Magno e Cesare.
Tuttavia, a noi non interessa il despota malamente illuminato che renderà compatibili i principi della Rivoluzione con monarchia e aristocrazia, né quello delle isole finali, dove l'esilio lo consegnerà alla Storia, ma il ragazzo che nel febbraio 1793 è un ventiquattrenne testardo come il corso che è.

Trentadue anni ha invece Domenico Millelire, “re”, per modo di dire, di Milleli, e in quell'anno Nocchiero della Real Marina Sarda, che un re ufficiale ce l'aveva, ovvero Vittorio Amedeo III. Come i Bonaparte, anche la famiglia di Millelire è di origine corsa, ma lui nasce a La Maddalena. Difenderà sempre l'arcipelago e l'isola maggiore, tanto da meritarsi medaglie d'argento e chiudere la sua carriera militare come Comandante di Marina. I ritratti dell'epoca ci mostrano l'ovale del viso incorniciato dai capelli mossi e da una barbetta altrettanto riccia; il naso, adunco, punta una bocca che non sorride granché. Gli occhi sono grandi. Di lui non conosciamo particolari bizzarri sulla capacità di prender sonno, né sappiamo se avesse difficoltà o meno a urinare. Ma ardimentoso e testardo doveva esserlo, se è vero che insegue le navi francesi fin quasi all'imbocco di Bonifacio, cannoneggiando furiosamente.
Ma procediamo con ordine.

La Francia, impegnata contro il Regno anche sulle Alpi, vuole la Sardegna, e una piccola flotta fa rotta verso l'isola per prenderla da nord e da sud. A Cagliari incontrano la resistenza dei miliziani barracellari guidati da Gerolamo Pitzolo, ma è a nord che accade l'impensabile e che l'estro del giovane Napoleone avrà esiti inaspettati.
I francesi occupano prima l'isola Spargi e poi quella di Santo Stefano, dando le spalle all'isola maggiore – come se fosse già loro – e iniziando a bombardare la quasi evacuata Maddalena.
I professori alla scuola militare dicevano di quell'allievo che sarebbe andato lontano se favorito dalle circostanze, e Napoleone non era certo tipo da subirle senza instradarle: «Ho l'abitudine di prevedere tre o quattro mesi prima ciò che devo fare» leggiamo spesso nelle sue biografie. Ora, se queste parole sono figlie della Maddalena, considerando ciò che è accaduto, sono pienamente comprensibili. Ma se sono parte del pensiero di Napoleone da sempre, anche a ventiquattro anni, dobbiamo credere che l'intera operazione, compreso lo stratagemma, fosse pianificata.

Possiamo dunque immaginarlo, nell'ottobre del 1792, aggirarsi con i compari d'armi per le strade fresche d'Ajaccio, e tra una bevuta e l'altra, oppure in uno di quei lampi di genio che matura durante la notte, partorire la bonaria idea di un cannoneggiamento a salve, fatto con il solo intento di spaventare la popolazione locale. Lo vediamo schierare sette boccali di birra sul tavolo, prendendoli dalle mani di altri volontari come lui, a guisa dell'arcipelago della Maddalena, irritandosi appena di non poter riprodurre anche le differenti dimensioni degli isolotti, e possiamo osservarlo mentre dalle tasche tira fuori sei pietre. Le ha raccolte la mattina in spiaggia, durante una delle sue passeggiate solitarie, e di notte le dispone una di fianco all'altra, tonde, striate e levigate, sul bordo del tavolo, tenendo la settima nel pugno chiuso. Si alza, si fa serio come prima di una rissa, fa quattro passi indietro e lancia la pietra contro la birra. I compagni scattano dalle sedie, ma la pietra – che in realtà è solo sughero – urta i boccali senza rovesciarne uno. D'altra parte Napoleone è questo, uno strano incrocio tra un romantico e un razionalista, sospeso tra due mondi che stavano affrontandosi e di cui avrebbe più avanti incarnato la sintesi. Ma tra tesi, antitesi e sintesi, c'è il rischio che si incunei l'imponderabile.

La Maddalena è sì parzialmente evacuata ma non ancora doma, quando Napoleone decide di calare l'asso del suo stratagemma. Il mortaio portato sulla terraferma di Santo Stefano dalla fregata Fauvette viene caricato a salve e puntato contro il centro abitato della Maddalena. Il colpo è così fortunato da centrare una chiesa dedicata alla santa protettrice dell'isola. Ed è a questo punto che compaiono gli invisibili, ai quali sono ignoti i piani dei grandi e meno grandi generali e per i quali sono evidenti solo i piani dell'imperscrutabile, quegli stratagemmi che l'ignoranza coatta chiama miracoli.
«È stata la Santa a non fare esplodere la bomba, è la Santa a non volere i francesi, e se la Santa è dalla nostra non abbiamo niente da temere». Così, senza sapere chi sarebbe diventato quel giovane luogotenente né cosa avrebbe fatto all'Europa, sempre all'oscuro di ogni manovra dall'alto ma non dell'Altissimo, e senza accettare di dovere a Millerire – che galvanizzato incalza i francesi cannoneggiandoli fino all'insenatura di Bonifacio – la salvezza (da cosa poi, da un re per un altro?), devono aver pensato gli invisibili.
E il resto è storia, come sempre, scritta da altri.


Gianluca Cataldo
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